Non sono una persona che macina decine di migliaia di km all’anno in bici. Li farei volentieri se potessi, ma devo accontentarmi e cercare di ottenere il meglio da me stesso ogni volta che affronto un’uscita impegnativa o una salita particolarmente dura.
Questo mio allenamento non all’altezza di molti altri ciclisti mi ha permesso di capire una cosa. Le gambe contano ma la propria forza di volontà, la propria testa, spesso possono fare la differenza. Qualche tempo fa intrapresi una pedalata da Torino a Barcellona. Se penso ad alcune tappe intraprese sotto al sole cocente, mi rendo conto quanto, pedalare fino al tramonto sia stata più una questione di Cuore che di gambe. Quante volte mi sarei voluto fermare, fare l’ennesima sosta…ma se in quei momenti avessi staccato le mie tacchette dai pedali, sarebbe stato difficile trovare le energie per riattaccarle.
Quando un ciclista si arrende, la colpa è della testa e non delle gambe. Queste eseguono solo il comando, piantandosi completamente. Oltretutto a me succede una cosa strana. Se mi fermo una volta poi è praticamente impossibile ripartire come se nulla fosse stato. Riparto ma mi sento bloccato e prima o poi devo rifermarmi.
Non è facile spiegare cosa frulla per la mente in quei momenti di crisi. Un pò l’orgoglio, un pò la soddisfazione di dire “non ho mollato”, un pò il bisogno di sapere che anche quella volta abbiamo spostato un pò più in là il nostro limite.
Uno dei motivi per cui adoro praticare questo sport, quasi più in solitaria che in gruppo, è perchè ti pone ogni volta in sfida con te stesso. E a me questa cosa piace particolarmente. In bici come in ogni giorno della mia vita. Arrivare all’obiettivo è una lotta durissima tra quel che ti dice il fisico e quel che ti dice il Cuore. Mi isolo, mi carico, trovo le motivazioni e i pensieri che mi distraggono dalla fatica. Un training autogeno che in questi anni mi ha fatto raggiungere mete ben lontane dalle mie capacità.
Ci sono delle pedalate in cui proprio non ne puoi più. Sole, vento contro, gambe pesanti, necessità di acqua e la borraccia vuota. E’ in quei momenti che il Cuore e l’amore per questo sport devono combattere con i sentimenti di odio e disperazione che ti farebbero lasciare la bici sul ciglio della strada e finirla lì. Esattamente come il verso “Odi et Amo” di Catullo. A differenza di tutti però non credo che fosse una donna la destinataria di questa ode. Ma senza dubbio, la sua bici.